In caso di rinvio è incompatibile il Gip che si è già pronunciato (Corte Costituzionale, sentenza 09.07.2013 n° 183)

La Corte Costituzionale, con la sentenza 9 luglio 2013, n. 183, si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale degli articoli 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), c.p.p., nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio, dopo l’annullamento, il giudice che ha pronunciato, o concorso a pronunciare, ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., nonché, in applicazione dell’articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, sull’illegittimità costituzionale dei medesimi articoli, nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del concorso formale, ai sensi dell’art. 671 dello stesso codice.
L’art. 34 c.p.p. si occupa, in particolare, delle ipotesi di incompatibilità conseguenti a quella che il giudice delle leggi definisce come "progressione in verticale” del processo, determinata dalla sequenzialità dei diversi gradi di giudizio; un sistema di incompatibilità che salvaguarda la stessa effettività del sistema delle impugnazioni, le quali rinvengono "la loro ratio di garanzia nell’alterità tra il giudice che ha emesso la decisione impugnata e quello chiamato a riesaminarla".
La norma prevede le suddette incompatibilità non solo in senso “ascendente”, ma anche in senso “discendente”, con riguardo al giudizio di rinvio dopo l’annullamento. "L’evidenziato effetto di condizionamento, derivante dalla “forza della prevenzione”, è ravvisabile, infatti, anche nell’ambito del giudizio in questione, trattandosi di una nuova fase del processo di merito, destinata in parte a rinnovare le attività poste nel nulla per effetto della sentenza di cassazione, in parte ad aggiungere ulteriori attività a quelle annullate".
Il comma 1 dell’art. 34 c.p.p., però, come evidenziato dalla Corte Costituzionale, limita l’incompatibilità “verticale” al giudice che, in un grado del procedimento, abbia pronunciato o concorso a pronunciare "una sentenza", escludendo, che l’incompatibilità operi a fronte dell’avvenuta pronuncia di provvedimenti come le ordinanze.
In merito all’incompatibilità a partecipare al giudizio di rinvio, le disposizioni dell’art. 623 c.p.p., individuano il giudice competente a pronunciare dopo l’annullamento da parte della Corte di cassazione. La norma, alla lett. d), prende in considerazione l’esigenza di evitare la coincidenza soggettiva tra giudice del rinvio e giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato solo con riguardo alle sentenze mentre, alla lett. a), nel caso di annullamento di un’ordinanza, si limita puramente e semplicemente a stabilire che gli atti debbano essere trasmessi «al giudice che l’ha pronunciata.
A tal proposito, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che "in sede di rinvio può provvedere lo stesso giudice-persona fisica che ha pronunciato l’ordinanza annullata. Tale principio è stato enunciato, in particolare, con riguardo all’ipotesi dell’annullamento con rinvio di ordinanze in materia di misure cautelari personali, corroborandolo con considerazioni attinenti alla natura delle valutazioni cui il giudice è in quel caso chiamato. Ma a conclusioni analoghe la Corte di cassazione è pervenuta anche in relazione a un complesso di altre fattispecie, tra cui l’annullamento con rinvio di provvedimenti del giudice dell’esecuzione – i quali assumono tipicamente la forma dell’ordinanza, ai sensi dell’art. 666, comma 6, cod. proc. pen. – ivi compresi quelli che qui specificamente interessano, ossia le ordinanze attinenti a richieste di applicazione della continuazione in executivis" (Cass., 19 dicembre 2007-15 gennaio 2008, n. 2098).
Il giudice delle leggi ha evidenziato che l’apprezzamento demandato al giudice dell’esecuzione presenta tutte le caratteristiche del giudizio, "ai fini dell’identificazione del secondo termine della relazione di incompatibilità costituzionalmente rilevante, espressivo della sede “pregiudicata” dall’effetto di “condizionamento” scaturente dall’avvenuta adozione di una precedente decisione sulla medesima res iudicanda".
In conclusione, gli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), c.p.p. vanno dichiarati, pertanto, costituzionalmente illegittimi, nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 c.p.p.
Similmente, le medesime disposizioni sono costituzionalmente illegittime, in applicazione dell’articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dei medesimiarticoli 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono che non possa partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare ordinanza di accoglimento o rigetto della richiesta di applicazione in sede esecutiva della disciplina del concorso formale, ai sensi dell’art. 671 dello stesso codice.

Commenti

Post più popolari